Truffa Bitconnect: una nuova causa è stata presentata in relazione al controverso schema di investimento in criptovalute. Si tratta giá del secondo caso, dopo la prima azione legale contro Bitconnect di qualche settimana fa.
A differenza della precedente, presentata in Florida dallo studio legale Silver Miller, la causa si limita alle societá associate a Bitconnect e Maasen.
In particolare, la causa, presentata per conto del residente del Kentucky Brian Paige, nomina Bitconnect International, Bitconnect LTD, Bitconnect Trading LTD e Ryan Maasen come imputati.
Seconda causa contro la truffa Bitconnect
Tramite la causa, presentata lunedí, Paige sta cercando di recuperare le perdite subite quando il prezzo del token di Bitconnect (BCC) è crollato, in seguito alla notizia della chiusura dell’exchange. In questo momento, il token BCC è scambiato a circa $7, rappresentando un significativo calo rispetto ai $300 di un mese fa.
Nella causa, Paige accusa Bitconnect di utilizzare uno schema Ponzi. Sottolinea anche che agli investitori veniva richiesto di trasferire le loro criptovalute nell’exchange in cambio di token BCC. Le valute digitali, quindi, avrebbero agito come investimento principale.
Paige cita anche ció che Bitconnect afferma. Utilizzando l’exchange, si assicura un rendimento del 3.000% nel corso di un anno o un rendimento mensile del 40%.
Paige accusa anche Ryan Maasen, residente dell’Oklahoma: avrebbe agito come agente non registrato per Bitconnect. Maasen avrebbe ingannato gli investitori riguardo ai potenziali rendimenti che avrebbero visto.
In definitiva, gli imputati Bitconnect e Ryan Maasen sono accusati di cinque reati, tra cui:
- Violazione delle leggi sui titoli del Kentucky
- Violazione del Federal Securities Act
- Violazione del contratto
- Frode di occultamento
- Violazione del Kentucky Consumer Protection Act
Il giorno in cui Paige ha presentato la sua azione legale, è stata presentata anche una mozione per un ordine di sequestro temporaneo. A Bitconnect e Maasen è anche “vietato trasferire beni a meno che non sia specificatamente consentito dal tribunale“.