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Smart working in Italia: il futuro sarà sempre più “agile”

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Smart working in Italia: il futuro sarà sempre più “agile”

Durante questo secondo lockdown, lo smart working in Italia torna ad essere protagonista assoluto del particolare momento storico che tutti quanti noi stiamo vivendo.

Dopo alcuni mesi di test iniziali, il lavoro agile sta diventando lo standard per molte aziende (pubbliche e private) interessate a contenere gli effetti della pandemia tra i propri collaboratori.

Smart working in Italia: lo studio del Politecnico di Milano

In merito allo smart working in Italia, di recente l’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano ha lanciato un nuovo studio.

La ricerca, denominata “Smart working il futuro del lavoro oltre l’emergenza“, ha messo in evidenza questo dato significativo:

Durante il primo lockdown 2020, 1/3 dei dipendenti italiani ha lavorato da remoto (si tratta di circa 6,58 milioni di lavoratori).

Inoltre lo studio ha reso possibile comprendere meglio le varie tipologie di aziende che hanno fornito la possibilità di lavorare da casa, ovvero:

  • il 97% delle grandi imprese;
  • il 94% delle pubbliche amministrazioni italiane;
  • e infine il 58% delle Pmiha scelto lo smart working in Italia.

Dopo i primi mesi di lavoro da remoto a causa del blocco generale, a settembre 2020 i lavoratori che hanno scelto lo smart working in Italia sono scesi a 5,06 milioni.

Il trend del lavoro agile continuerà…

Ma lo smart working è ormai entrato nella quotidianità degli italiani ed è destinato a rimanerci.

Al termine dell’emergenza si stima che i lavoratori agili (cioè quelli che lavoreranno almeno in parte da remoto), saranno complessivamente 5,35 milioni, di cui:

  • 1,72 milioni nelle grandi imprese;
  • 920.000 nelle Pmi;
  • 1,23 milioni nelle microimprese;
  • e infine 1,48 milioni nelle Pubbliche amministrazioni.

Smart working in Italia: aspetti positivi e negativi

L’applicazione dello smart working in Italia durante la pandemia, seppure forzata ed emergenziale, ha dimostrato come un modo diverso di lavorare sia possibile anche per figure professionali prima ritenute incompatibili.

Ma ha anche messo a nudo l’impreparazione tecnologica di molte organizzazioni.

Più di due grandi imprese su tre hanno dovuto aumentare la dotazione di pc portatili e altri strumenti hardware (69%) e di strumenti per poter accedere da remoto agli applicativi aziendali (65%).

Tre Pa (Pubbliche amministrazioni) su quattro hanno incoraggiato i dipendenti a usare i dispositivi personali.

Il 50% delle Pmi non ha potuto operare da remoto.

A livello organizzativo, invece, è stato difficile mantenere un equilibrio fra lavoro e vita privata per il 58% delle grandi aziende e il 28% dei lavoratori, e per il 33% delle organizzazioni i manager non erano preparati a gestire il lavoro da remoto.

Nonostante le difficoltà, questo smart working atipico ha contribuito a migliorare le competenze digitali dei dipendenti (per il 71% delle grandi imprese e il 53% delle Pa), a ripensare i processi aziendali (59% e 42%) e ad abbattere barriere e pregiudizi sul lavoro agile (65% delle grandi imprese), segnando una svolta irreversibile nell’organizzazione del lavoro.

Lavorare da casa in proprio

L’articolo che hai appena letto si è focalizzato principalmente sullo smart working in Italia svolto dai lavoratori dipendenti.

Ma al giorno d’oggi esistono anche svariati modi per lavorare da casa mettendosi in proprio.

Il nostro portale tratta in maniera esaustiva di argomenti affini a queste possibilità concrete.

Quindi, se non lo hai ancora fatto, ti consigliamo di approfondire questi aspetti consultando le sezioni principali di “Business da Casa”.

Ovvero quelle dedicate a:

Buona permanenza sul nostro portale!

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